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Mostro! Violenze sessuali sulla nipote


Lo zio imputato di violenza sessuale aggravata, in aula non si è presentato. Non ha mancato l’udienza, invece, la nipote vittima, oggi maggiorenni ma, all’epoca dei fatti finiti sotto inchiesta, tra i 13 e i 15 anni: oggi è una persona provata, anzi devastata da quell’esperienza lacerante e indimenticabile, eppure fiera e decisa a ottenere giustizia e verità.
E così è stato. A conclusione di un rito abbreviato che prevede lo sconto della pena di un terzo per legge, il gup Cristina Cavaggion ha condannato a tre anni e due mesi di carcere lo zio, C.M., 63 anni di Cadoneghe, ordinando il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva (un anticipo sul risarcimento di 60 mila euro) e delle spese alla parte offesa. Quest’ultima, accompagnata dal padre, si è costituita parte civile, tutelata dall’avvocato Gian Mario Balduin. Accolta in pieno la richiesta del pubblico ministero Giorgio Falcone, titolare dell’indagine, che aveva reclamato la condanna applicata.
Tutto era cominciato quando la ragazzina aveva meno di 14 anni: era molto affezionata alla famiglia dello zio. Uno zio acquisito perché la moglie era la sorella del padre. E lei andava molto d’accordo anche con i cugini, i figli di C.M.. Eppure a un certo punto lo sguardo dell’uomo nei suoi confronti cambia, quando s’accorge che quella ragazzina inizia a farsi donna. In una calda giornata estiva nell’abitazione della ragazzina, il primo episodio di abusi: non c’è nessuno che possa vederlo e lui, con prepotenza, oltraggia la sua intimità e innocenza con le mani che finiscono sotto il vestito. Lei resta attonita, bloccata, incapace di reagire. Forse cerca di cancellare il ricordo di quell’esperienza che si ripete altre tre volte, due in una casa che la zia possiede in Toscana dove la nipotina accompagna la famiglia di parenti, e un’altra durante la sosta in un autogrill.
Lei è molto turbata. Dalla Toscana chiama i genitori al telefono: «Venite a prendermi Non posso rimanere qui» racconta, facendo capire che sono successi fatti gravi. La madre cerca di tranquillizzarla: non può muoversi a causa di un’operazione alla spalla. Comunque la ragazzina rientra a Padova dopo qualche giorno anche se la famiglia non fa subito denuncia, forse per rispetto alla zia, moglie dell’imputato, in quel periodo gravemente malata. Solo dopo un po’ di tempo i genitori della ragazza si decidono
a presentare la querela. E scatta l’inchiesta nel corso della quale, con l’assistenza di una psicologa, la vittima è stata interrogata e ha ricostruito la triste vicenda. Una vicenda che l’ha ferita e segnata nel profondo, condizionandole pesantemente la costruzione di legami affettivi.
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